Site icon Eticamente competere

La alienazione occulta del patrimonio immobiliare italiano

borghi

Tassazione, burocrazia, transizione green sembrano convergere verso una progressiva alienazione del patrimonio immobiliare italiano a favore dei gruppi finanziari.

All’indomani del famigerato incontro del Britannia, avvenuto il 2 giugno 1992 sul panfilo della regina Elisabetta, nel nostro paese abbiamo assistito ad una serie di attacchi al patrimonio pubblico e privato nazionale.

Finita la guerra fredda l’asse geo-politico dell’alleanza atlantica si è spostato verso est e conseguentemente il ruolo strategico del nostro paese si è ridotto drasticamente a vantaggio della c.d. nuova Europa. Nel contempo, una nuova classe politica, totalmente asservita agli interessi delle élites finanziarie globaliste, prendeva il posto di quella che aveva retto il paese nel secondo dopoguerra e che, con un tempismo a dir poco sospetto, veniva spazzata via dai processi giudiziari di “tangentopoli”.

Gli attacchi al patrimonio ed al benessere del nostro paese sono quindi iniziati nel 1992. In primis attraverso un rapido, quanto irrazionale, processo di privatizzazione connotato dalla svendita di assets strategici nazionali a vantaggio dei soliti grandi fondi finanziari anglo-americani. Nel contempo, abbiamo assistito a potenti attacchi alla solidità del nostro debito pubblico ad opera della speculazione finanziaria internazionale; ciò con l’intento di esercitare pressioni e condizionamenti sulla classe politica e sull’opinione pubblica italiana affinché accettassero l’implementazione delle politiche di austerity imposte dall’Europa dei trattati di Maastricht, anch’essi firmati ed entrati in vigore fra il ’92 ed il ’93, con i conseguenti processi deflattivi della domanda aggregata e l’impoverimento trasversale di tutti i ceti sociali.

Guarda caso, proprio il 30 dicembre del 1992, veniva anche istituita l’ICI (Imposta comunale sugli immobili). Un’imposta sul patrimonio immobiliare che doveva essere pagata dai proprietari di fabbricati, aree edificabili e terreni agricoli situati nel territorio dello Stato. Imposta che poi, a decorrere dal 2012, sarà sostituita dall’Imposta Municipale (IMU).

Inizia così anche l’altro importante attacco al benessere nazionale, quello alla proprietà privata ed al risparmio degli italiani, che com’è noto era, ed in parte tutt’ora continua ad essere, detenuto sotto forma di investimenti immobiliari, essendo la cultura italiana del dopoguerra molto legata al c.d. mito del “mattone”. D’altra parte, la ricchezza del patrimonio immobiliare privato italiano rappresentava, da un lato, un baluardo alla strenua difesa delle libertà individuali, che invece nell’agenda globalista dei “neocon” anglo-americani si volevano progressivamente restringere e limitare, dall’altro, rappresentava un ostacolo agli obiettivi di finanziarizzazione e di controllo digitale delle dinamiche socio-economiche e della vita civile.

In tale contesto, molti hanno tentato di difendere quanto costruito dalle proprie famiglie, attraverso i sacrifici delle precedenti generazioni, diversificando il patrimonio immobiliare e destinandone una parte alla ricettività turistica. Ciò con nell’intento di compensare la redditività non di rado negativa delle superfici commerciali, dove i costi di gestione e manutenzione uniti ad una pressione fiscale non paragonabile a quella sui capitali finaziari, pressione che talvolta (fra IRPEF, IMU, Imposte di registro, ecc.) supera il 70%, creano i presupposti per una sorta di implicito esproprio forzoso. Questo risulta ancor più vero se si tiene conto che, soprattutto negli ultimi anni a causa delle continue recessioni cicliche, la sempre più frequente insolvibilità dei locatari ed il progressivo abbassamento dei canoni di locazione commerciale (soprattutto in alcune zone), hanno determinato perdite economiche rilevanti ai proprietari, costringendone molti a svendere quanto costruito nell’arco di parecchi decenni, talvolta secoli, di lavoro, privazioni e rinunce.

Con alcune, rare, eccezioni riguardanti essenzialmente gli oggetti di lusso e le zone e località più esclusive, il lento declino del settore immobiliare, determinato in primo luogo dall’elevatissima pressione fiscale, costi di gestione e manutenzione crescenti e da incombenze burocratico-amministrative sempre più vessatorie, è proseguita fino ad oggi con riflessi negativi per tutti gli operatori economici e tutti gli strati sociali. La difficoltà di poter recuperare il possesso degli immobili dati in locazione anche in caso di insolvenza e l’obbligo di pagare tutte le imposte a prescindere dal pagamento o meno dei canoni, spinge infatti molti proprietari a tenere gli immobili liberi, per ridurre il rischio, oppure come dicevamo a svendere. Nel frattempo, i grandi fondi finanziari rastrellano e si accaparrano una fetta sempre più consistente del nostro patrimonio immobiliare a prezzi stracciati. Fra qualche anno tutti noi saremo costretti a prendere in affitto dai grandi players immobiliari le superfici che ci occorrono per vivere, lavorare e fare impresa. State pur certi che a quei colossi saranno garantiti tutta una serie di strumenti fiscali agevolati o elusivi, mentre nel contempo i prezzi degli affitti cominceranno ad essere fissati in modo oligopolistico a livelli relativamente molto più alti di quelli vigenti nell’odierno regime di concorrenza pressoché perfetta.

Venendo ai giorni nostri, l’istituzione del CIN per gli immobili concessi in locazione breve su diktat dell’Unione Europea, nell’ambito del Digital Service Act, pur essendo ben motivato dall’esigenza di contrastare l’abusivismo e l’evasione fiscale, rappresenta un ulteriore passo verso il controllo digitale e l’esproprio subdolamente forzoso della piccola e media proprietà privata a vantaggio dei grandissimi gruppi finanziari, delle multinazionali e delle grandi catene alberghiere internazionali.

Strettamente connesso alla tematica del comparto immobiliare, settore cruciale insieme a quello turistico ai fini delle possibilità di rilancio del nostro sviluppo economico regionale e nazionale, risulta poi essere il problema del degrado di alcuni quartieri delle principali aree urbane, a cominciare da quelli limitrofi alle stazioni ferroviarie centrali. In tale ambito, come ben sappiamo incidono fortemente le colpose politiche nazionali tese a favorire flussi immigratori incontrollati, ma anche quelle politiche locali che tendono a togliere “ossigeno” agli equilibri urbanistici attraverso uno sviluppo cementizio irrazionale, la chiusura dei parcheggi pubblici ed il restringimento delle aree destinate alla socialità ed alla rigenerazione psico-fisica della persona. In particolare, l’abbandono o la chiusura delle aree pubbliche o ad uso pubblico destinate a parcheggio ha prodotto il soffocamento ed il trasferimento (ad esempio verso i centri commerciali), o addirittura la chiusura definitiva, dei piccoli e medi esercizi commerciali, già messi a durissima prova dall’e-commerce dei colossi anglo-americani del web. La minore disponibilità di negozi e servizi, a sua volta, ha determinato anche la fuga delle famiglie la cui vita sociale garantiva una fisiologica e preziosa guardiania civica.

Un ulteriore strumento, concepito a livello europeo, di aggressione alla proprietà privata è inoltre oggi rappresentato dalle politiche fintamente green sulla casa che tendono a svalutare il patrimonio immobiliare esistente, costringendo molti proprietari a disfarsene per non essere costretti a rilevanti esborsi finanziari.

In conclusione, c’è bisogno di un nuovo Patto fra tutte le classi sociali contro il tentativo, da parte di coloro che detengono le leve della finanza internazionale, di realizzare un nuovo sistema basato su forme moderne di compressione delle libertà e dei diritti fondamentali della persona umana, incluso il diritto alla proprietà privata messo sotto attacco anche attraverso un sistema vessatorio di irrazionali regole e di insostenibili imposte volte a favorire un graduale esproprio forzoso a vantaggio dei grandi fondi di investimento immobiliare. In caso contrario, rischiamo fra qualche anno di ritrovarci nella condizione di estremo degrado socio-urbano che connota molte città degli Stati Uniti, dove il numero dei senza tetto cresce ogni giorno esponenzialmente e con esso la criminalità e la tossicodipendenza.

Filippo Grandolini

Exit mobile version