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La Loccioni, un’impresa “benedettina”.

monastero

La fecondità del messaggio di Benedetto da Norcia per l’economia solidale radicata sul territorio

Enrico Loccioni è un imprenditore marchigiano – si definisce così quando partecipa a convegni e incontri – che,partendo dal lavoro per Merloni come terzista, ha fondato un’azienda che si occupa di innovazione e lavora a progetti unici per grandi imprese italiane e straniere.
Nel sito aziendale www.loccioni.com la Loccioni si definisce una realtà «aperta, familiare, vitale. Una scuola di competenze per studenti e professori, clienti e fornitori, che genera ricchezza reinvestendo i suoi utili nel territorio. È l’impresa pensata nel 1968 da Enrico e Graziella (la moglie di Enrico deceduta vari anni fa). Impresa, non azienda, perché ogni progetto è un’avventura che integra idee, persone e tecnologie. È l’impresa che semina bellezza. Lavoriamo per il benessere della persona e del pianeta. Lo facciamo ricercando, misurando e costruendo reti per il lavoro, per la conoscenza, per l’ambiente».
I settori che sono sviluppati nei progetti riguardano la mobilità, l’energia, il welfare comune e l’ecologia umana. Tutte le iniziative sono realizzate non secondo una visione “ideologica” ma attraverso piccoli miglioramenti che partono
dalla realtà e che, alla fine, arrivano a ottenere importanti obiettivi. Colpisce il ruolo dell’impresa nella sistemazione e nel miglioramento del territorio circostante, realizzato attraverso la messa in cantiere delle competenze aziendali e l’integrazione dei sistemi. In particolare, è stato disciplinato il corso del fiume Esino nei due chilometri che sono a monte della Loccioni, in modo da evitare’esondazione nei terreni nei quali è cresciuta l’impresa. È un progetto che però protegge anche la comunità circostante e ha messo a disposizione di tutti un parco fluviale frequentato e gradevole. Il fiume, in pratica, da problema è diventato, in quel tratto, una risorsa comune, ritrovando la caratteristica che, nei secoli, lo aveva caratterizzato attraverso il lavoro dei coltivatori della zona. Si tratta di un’attualizzazione della cura del territorio che nel passato avveniva in altre forme, legate ad un contesto sociale ed economico comunitario. È una esperienza da imitare per il suo valore emblematico e per la concreta soluzione di problemi molto presenti nel territorio di tutto il nostro paese. L’investimento è stato fatto dalla Loccioni ed oggi il risultato complessivo è anche sostenibile economicamente grazie ai vari accorgimenti adottati che consentono la produzione di energia, la valorizzazione dei terreni e l’uso dei materiali fluviali nella gestione della viabilità e del territorio.
La visita all’azienda con Enrico Loccioni è un dialogo continuo che si situa nella visita alle attività dell’impresa e alle realizzazioni e nella illustrazione dei principi che ne hanno consentito la crescita e che ispirano la comunità di persone che vi lavorano.
Una delle particolarità dell’impresa è il riferimento alla tradizione benedettina. Enrico Loccioni è nato infatti vicino all’abbazia di Sant’Urbano nella valle di San Clemente, tenuta nel corso della storia da vari ordini benedettini e infine dai camaldolesi.
Nell’ambito dell’integrazione fra impresa e territorio l’abbazia è stata presa in gestione dall’impresa e utilizzata, oltre che per la comunità, anche come centro di formazione.
Viene inoltre messa a disposizione gratuitamente per chi voglia utilizzarla, ad esempio, per attività o corsi di formazione. Intorno all’abbazia la Loccioni gestisce un’impresa agraria nell’ambito della quale vengono testate tecnologie per ’agricoltura sostenibile in ambito collinare attraverso l’applicazione delle ompetenze in cui l’impresa è leader. La Regola del padre del monachesimo occidentale san Benedetto da Norcia (480-547) si caratterizzava come noto per la valorizzazione del lavoro, per l’attenzione alla economicità delle attività, per il miglioramento dei luoghi e per la visione dell’impresa anche come servizio agli altri e, in particolare, ai poveri. Ne riportiamo un brano tratto dal capitolo 57:

  1. se in monastero ci sono dei fratelli esperti in un’arte o in un mestiere, li sercitino con la massima umiltà, purché l’abate lo permetta;
  2. se qualcuno di loro monta in superbia, perché gli sembra di portare qualche utile al monastero, sia tolto dal suo lavoro e non gli sia più concesso di occuparsene, a meno che rientri in sé stesso, umiliandosi, e l’abate non glielo permetta di nuovo;
  3. se poi si deve vendere qualche prodotto del lavoro di questi monaci, coloro, che sono stati incaricati di trattare l’affare, si guardino bene da qualsiasi disonestà;
  4. si ricordino sempre di Anania e Safira, per non correre il rischio che la morte, subita da quelli nel corpo, colpisca le anime loro e di tutte le persone, che hanno comunque defraudato le sostanze del monastero;
  5. però nei prezzi dei suddetti prodotti non deve mai insinuarsi l’avarizia, ma bisogna sempre venderli un po’ più a buon mercato dei secolari “affinché in ogni cosa sia glorificato Dio”.

Nell’impresa Loccioni alcuni di questi principi e altri della tradizione benedettina, all’insegna del generale motto “Ora e labora”, sono applicati e trasmessi anche ai numerosi studenti che vengono accolti per partecipare a corsi di formazione dell’impresa organizzati in collaborazione con gli Istituti scolastici e con le Università. Sono applicati ad esempio nella costruzione a chiostro degli edifici di lavoro per favorire la comunicazione e le relazioni fra i lavoratori dei vari settori. L’impresa inoltre cura il welfare aziendale, favorendo ad esempio la partecipazione dei figli dei dipendenti a campi estivi, organizzati nei parchi Loccioni, nei quali viene curato l’apprendimento esperienziale anche nel tempo di riposo dalla scuola.
In definitiva ci pare che l’impresa marchigiana costituisca oggi un esempio concreto da imitare che attua principi antichi ma sempre validi dimostrando di essere un caso di successo. Per condividere l’esperienza della Loccioni è stato organizzato un convegno il 26 maggio 2023 in un comune marchigiano colpito dalla recente alluvione, Serra Sant’Abbondio (provincia di Pesaro e Urbino). L’iniziativa è stata pensata allo scopo di valutare se alcune esperienze positive come quella attuata dalla Loccioni possano essere applicate anche in un contesto diverso per risolvere gli stessi problemi. La disciplina delle acque e la cura della filiera del legno per avere a disposizione biomasse può costituire ad esempio una risorsa per i piccoli borghi dell’appennino marchigiano utilizzando le competenze della Loccioni. Si attuerebbe così una piccola ma concreta attuazione dei principi dell’economia circolare di cui tanto si parla nell’attuale, ma piuttosto ideologico, dibattito sull’ecologia e sullo sviluppo sostenibile.

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